L’efficacia del fluoro nella salute dentale è maggiore quanto più la sua assunzione è precoce e costante nel tempo
(Organizzazione Mondiale della Sanità – Expert Commetee in Oral Status and Fluoride Use, 2002)
Lo smalto dentale è un tessuto bianco traslucido, il più duro e mineralizzato dell’organismo. Riveste la corona del dente, ovvero quella parte esposta all’ambiente orale, e ha funzione di protezione dall’usura e dall’attacco acido dei batteri cariogeni. Lo smalto è un tessuto altamente mineralizzato, costituito solo da una piccola parte di acqua e componenti organiche (proteine) mentre, per la maggior parte (circa il 95-96%) è formato da sostanze inorganiche, come l’idrossiapatite (fosfato di calcio cristallino).
L’idrossiapatite è formata da prismi cristallini allungati, tenuti insieme da una speciale sostanza molto mineralizzata (sostanza interprismatica). Questi prismi rappresentano l’unità fondamentale dello smalto: a forma di bastoncello, sono disposti parallelamente gli uni agli altri.
Malgrado la sua durezza, lo smalto è sottoposto a una costante perdita di sali minerali, causata dai processi di demineralizzazione che si verificano dopo ogni pasto a seguito della produzione di metaboliti acidi da parte dei batteri cariogeni. Microrganismi come lo Streptococco mutans si nutrono degli zuccheri contenuti nei cibi, producendo con il proprio metabolismo sostanze acide.
Ogni volta che un alimento contenente zuccheri viene introdotto nel cavo orale tramite la dieta, il pH salivare scende al di sotto di una soglia critica per la dissoluzione dello smalto dentale (pH 5,5). Questa fase di demineralizzazione dura in media 15 minuti e il ritorno a un pH fisiologico (circa pH 6,9) richiede circa 40 minuti, trascorsi i quali la remineralizzazione può avere inizio spontaneamente grazie alla capacità tampone della saliva, a condizione che non vi siano altre assunzioni di zuccheri.
Quindi il fattore critico per il permanere di un ambiente orale acido, causa di demineralizzazioni dello smalto, non è tanto la quantità di zuccheri assunta, bensì la frequenza di ingestione.
Oltre alla saliva, il fluoro è in grado di fermare il processo di demineralizzazione, non solo riparando il danno fatto ma anche rendendo lo smalto più resistente nei confronti delle lesioni cariose. Anche a bassi dosaggi, infatti, il fluoro è in grado di influenzare la struttura dello smalto, rendendo più compatti i cristalli di idrossiapatite e riducendo la loro solubilità in ambiente acido e, quindi, la probabilità di andare incontro a processi cariosi.
Il fluoro si trova sotto forma di elemento carico negativamente (F-). Quando è presente nella saliva, viene attratto dai denti la cui superficie è carica positivamente a causa della presenza predominante di fosforo (P+) e calcio (Ca+) che insieme a piccole parti d’idrossido d’idrogeno (OH-), formano l’idrossiapatite. Quando ci laviamo i denti, il fluoro si deposita come fluoruro di calcio sulla superficie del dente. Quando scende il pH, il legame tra calcio e fluoro si scinde, rendendo i due elementi biodisponibili.
Il fluoro a contatto con i denti sostituisce lo ione (OH-) trasformando la superficie dei cristalli dello smalto in un composto molto più denso e resistente agli attacchi degli acidi batterici chiamato fluorapatite.
La fluorapatite è una sostanza minerale in cui maggiore è la stabilità chimica del tessuto in presenza di pH basso (pH 4,5 vs. pH 5,5). In pratica, la fluoroapatite è più resistente ai processi di demineralizzazione che si verificano nel cavo orale dopo ogni pasto.
Una volta che il fluoro si deposita sullo smalto, vengono contemporaneamente liberati in bocca ioni di idrossido di idrogeno (OH-). Questi si legano con il carbonio presente nel cavo orale, formando dei bicarbonati, e con l’ossigeno portando alla formazione di perossido di idrogeno (la comune acqua ossigenata). I bicarbonati hanno proprietà alcaline, ovvero reagiscono alla condizione acida della bocca e, assieme all’azione battericida dei perossidi, innalzano il pH avviando un nuovo ciclo di remineralizzazione.
Non tutti sanno, però, che il fluoro funziona ancora meglio in presenza di una carie è attiva, ovvero quando la perdita di tessuto mineralizzato è continua, indipendentemente dal fatto che il processo sia a livello subclinico (e quindi visibili solamente come macchie bianche non cavitate, definite white spot) o clinico.
Il fluoro funziona meglio in caso di carie perché, in un tessuto sottoposto a perdita di minerali, lo scambio ionico diventa più efficiente, rendendo quindi il fluoro maggiormente bioassorbibile,
Oltre alla formazione di fluorapatite, il fluoro è efficace perché
- Rende il dente meno “adesivo” per i batteri,
- Inibisce la produzione di alcuni enzimi batterici
- Inibisce la crescita dei batteri.
La fluoroprofilassi può essere sistemica o topica.
La fluoroprofilassi sistemica, che utilizza gocce o pastiglie come integratori, è praticabile durante la fase pre-eruttiva, mentre lo smalto dentale è in formazione, in quanto il fluoro raggiunge il dente attraverso il circolo sanguigno e si fissa stabilmente nel tessuto dentale.
La fluoroprofilassi topica, invece, è possibile attraverso l’uso di dentifrici fluorurati, vernici e gel, durante e dopo che gli elementi dentali sono erotti, quando il fluoro si deposita sul dente, trasportata dalla saliva.
Oggi, le ricerche scientifiche ritengono che la fluoroprofilassi topica sia maggiormente efficace e più sicura rispetto a quella sistemica. Infatti, è fondamentale somministrare il giusto quantitativo di fluoro per non incorrere in problematiche dovute al sovradosaggio, prima fra tutte la fluorosi dentale.